Fa caldo.
Le città si svuotano dei propri abitanti e si popolano di turisti e passanti.
I negozi chiudono per le ferie e le piscine aprono le loro sciabordanti braccia.
In pasticceria si inizia a fare fatica, soprattutto nei laboratori senza l'aria condizionata. La frolla suda burro: stendere una torta - dopo una certa ora - diventa un'impresa eroica.
Il cioccolato langue esanime in un angolo, la panna strappa, i motori dei frigoriferi sbuffano ininterrottamente e scaldano ancora di più l'atmosfera.
Tenere un corso in laboratorio è impossibile.
I clienti che non sono ancora partiti, cercano gelati, frutta fresca, bibite e granite:
"La panna no, perché nel tragitto magari si squaglia".
"La crema col caldo, non mi fido".
"Ce l'hai qualcosa di FRESCO?"
Bisogna riempire le vetrine perché l'occhio vuole la sua parte, sapendo che buona parte del prodotto resterà lì: andrà buttato e rifatto il giorno dopo. Perché è così che lavoriamo, sempre.
Quando il caldo diventa troppo e il gioco non vale più la candela, si chiude.
Ciao caramelle, ciao vetrinette, ciao forno. I frigoriferi si spengono e restano lì ad aspettarci con gli sportelli spalancati e l'espressione sollevata di chi - finalmente - può tirare il fiato.
Il pasticcere riordina, svuota, pulisce tutto. Stila la lista degli ordini per la riapertura e va in vacanza pensando a settembre: a come andrà, a cosa fare di nuovo, a pianificare e progettare, a cercare ispirazioni e un po' di riposo.
Il negozio chiude, ma l'attività non si interrompe mai.
Ciao estate, siamo tornati.